Delitto all'isola delle capre

TEATRO CHIABRERA DI SAVONA
Sabato 14 ottobre, ore 20.00

 

DELITTO ALL'ISOLA DELLE CAPRE
Musica di Marco Taralli
Libretto di Emilio Jona
Tratto dal Dramma di Ugo Betti

Personaggi Interpreti
Agata Sofia Janelidze
Pia Federica Vinci
Silvia Irene Celle
Angelo Michele Patti
Edoardo Alessandro Fiocchetti

Direttore Marco Attura

Regia Matteo Mazzoni

Realizzazione scenica Lorenzo Trucco

Scene e Costumi Josephin Capozzi

Luci Marco Scattolini

TIME MACHINE ENSEMBLE

Coproduzione con Fondazione Pergolesi-Spontini di Jesi

 

Le vicende di questo dramma sono antiche e insieme della contemporaneità, perché sempre un uomo parte per una guerra o abbandona gli affetti famigliari per altre avventure, lasciando sole delle donne con i loro conflitti e desideri, e sempre degli estranei entrano in quelle solitudini e portano allo scoperto sentimenti oscuri e contrasti e provocano esiti infelici o letali.
Proprio questi sono i temi messi in gioco dal dramma di Betti. Ci sono tre donne che da una città conformista erano passate a vivere una vita alternativa in un’isola, in una natura inaridita dal vento e dalla presenza delle capre, ma si tratta di un’esperienza fallita: sono Agata una donna vedova, bella, dura e un po’sfiorita, sua figlia Silvia, una giovinetta aggraziata e la cognata Pia una quarantenne piacente. Sono sole e non felici, perché Enrico, il marito di Agata, prima le ha abbandonate, e poi è finito in guerra ed è morto prigioniero in un paese africano. Le tre donne stanno in una casa in rovina, con un pozzo al centro e una persiana irraggiungibile al primo piano che sbatte al vento, vivono gestendo, senza più un pastore, un gregge di capre.
In questo gineceo, irrompe dopo alcuni anni, un uomo dal nome angelico, uno straniero, un emigrante, giovane e bello che dichiara di aver vissuto a lungo in prigionia con Enrico, di aver assistito alla sua morte, di essere depositario delle sue confidenze e della sua volontà che Angelo raggiunga l’isola delle capre e si occupi delle tre donne che lui ha abbandonato. Angelo entrerà così con astuta prepotenza nel loro mondo, mettendo in mostra e utilizzando tutte le armi del suo carattere vivace, affettivo, sbruffone, profittatore, possessivo, sensuale e infine dominatore.
Egli scatenerà quindi tutti i desideri, i pensieri segreti e i conflitti, e soprattutto la sessualità e la sensualità sino ad ora tenute a bada e represse, delle tre donne mettendoli a nudo e portando il tutto sino al punto di rottura e al suo esito più estremo.
In questa vicenda ha una presenza singolare il pozzo che sta al centro della casa, deposito fresco di pelli di capra e di vino, perché è attorno ad esso, luogo reale e fortemente simbolico, che si agitano i sentimenti e le storie dei quattro protagonisti. Si tratta, come dichiara il titolo, di un giallo; perciò, è giusto non raccontare la fine e chi tra loro e come sarà ucciso. Ma è solo l’apparenza perché il tema vero del dramma è tutt’altro: è il percorso e l’intreccio delle passioni eterne degli umani.

Emilio Jona

 

Tratta dal capolavoro omonimo di Ugo Betti e divenuta uno sceneggiato televisivo nel 1978, per la regia di Enrico Colosimo e con Anna Miserocchi, Franco Graziosi, Toni Maestri, Claudia Giannotti e Micaela Esdra, Delitto all’isola delle capre narra una vicenda dalle tinte fosche di estrema attualità.
Betti, che è considerato uno dei più grandi drammaturghi italiani del Novecento, mette in scena una tragedia intimista che, grazie alla musica di Marco Taralli e al libretto di Emilio Jona, diventa un’opera di enorme forza evocativa e di godibilissimo ascolto.
Ugo Betti, che fu anche magistrato, annuncia già nel titolo le intenzioni del dramma: si tratta di un noir, c’è un delitto e ci sarà, probabilmente, un colpevole. Siamo in un luogo non meglio identificato come isola ma raggiungibile con un camioncino che, a scadenze regolari, porta viveri e generi di prima necessità alle tre donne che lì hanno deciso di vivere allevando capre: Agata, vedova avvenente ma un po’ sfiorita; Silvia, la figlia adolescente, e Pia, cognata quarantenne, vacua e piacente.
Nella piccola comunità che trascorre le giornate intorno a un pozzo in cui si tengono a seccare le pelli di capra e in fresco il vino, irrompe uno straniero: Angelo. Lo sconosciuto sostiene di essere amico di Enrico, marito di Agata morto in guerra, e rivela di aver raccolto le ultime volontà di questi: andare dalle tre donne e prendersi cura di loro. L’arrivo di Angelo – elemento maschile e dionisiaco – sconvolge le esistenze delle tre donne e ciascuna ha un motivo per tentare di sedurre o di lasciarsi sedurre dall’uomo che entra nelle loro giornate e nelle loro anime mettendo a nudo i loro più riposti sentimenti e le loro pulsioni, fino al finale tragico attraverso il quale le tre donne devono passare perché tutto torni all’apparentemente normalità delle loro giornate.
Il tema, di stringente attualità, è trattato da Marco Taralli con tinte cupe sostenute da un impianto ritmico di grande forza, in grado di mettere in contrapposizione l’esistenza “libera” delle tre in un luogo remoto e battuto dal vento, in rapporto al “conformismo” della società alla quale sono sfuggite con la loro fuga. La casa in rovina nella quale vivono (che la regia ha immaginato felicemente come un fatiscente camper) e l’asprezza della terra che hanno scelto come “nuova patria” sono altrettanti simboli di una comunità che ha perso le coordinate; le tre donne sono appunto custodi di un gregge senza pastore nel quale solo l’astuzia dell’uomo venuto da lontano può intaccare un apparente equilibrio.
Così, il dramma visibile diviene simbolo del dramma interiore che consuma la società.

Emanuela E. Abbadessa

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