Trama

Andata in scena per la prima volta al Teatro Costanzi di Roma il 14 gennaio del 1900, Tosca di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, tratto dal dramma in cinque atti di Victorien Sardou La Tosca (1887), è considerata l’opera più drammatica del Lucchese. Il quadro storico della vicenda è reale: nel 1798, dopo le vittorie di Napoleone nella prima campagna d’Italia, le truppe francesi avevano occupato Roma, soppresso il potere temporale dei papi e proclamato la Repubblica romana. Ma con la partenza di Napoleone per la campagna d’Egitto, l’esercito napoletano di Ferdinando IV di Borbone aveva cacciato i francesi, abbattuto la Repubblica, processato e incarcerato i suoi rappresentanti. La cosa però non aveva sedato i malumori e alcuni degli esponenti della Repubblica speravano ancora di sovvertire l’ordine instaurato dai Borbone.
Il dramma di Sardou – a cui Puccini aveva assistito al Teatro dei Filodrammatici di Milano nel 1889 con la grande Sarah Bernhardt, che ne era stata prima interprete, nel ruolo della protagonista – aveva impressionato il compositore (nonostante non conoscesse il francese) al punto di spingere l’editore Ricordi a lavorare per ottenere i diritti del soggetto che aveva già riscosso le attenzioni di Alberto Franchetti.
Sfrondando molti dei protagonisti presenti nel dramma francese (come la Regina Maria Carolina, Giovanni Paisiello o Diego Naselli), Illica e Giacosa misero a punto un perfetto meccanismo a orologeria che, nello spazio di una giornata, racconta una storia dai contorni foschi, in cui amore e morte si fondono magistralmente.

TRAMA
L’azione si svolge a Roma martedì 17 giugno 1800, qualche giorno dopo la Battaglia di Marengo

ATTO I
Cesare Angelotti console dell’ex Repubblica Romana è fuggito da Castel Sant’Angelo e si è rifugiato nella chiesa di Sant’Andrea della Valle dove sua sorella, la Marchesa Attavanti, ha nascosto degli abiti femminili e un ventaglio che gli permetteranno fuggire senza essere riconosciuto. La donna però è stata ritratta a sua insaputa dal pittore Mario Cavaradossi che in quella stessa chiesa sta realizzando il dipinto di una Maddalena. I due uomini si incontrano e si accorgono di conoscersi da tempo e di condividere la medesima fede politica. Mentre Mario sta pensando a un piano per aiutare l’amico, sopraggiunge la cantante Floria Tosca, amante del pittore e donna gelosissima; la cosa costringe Angelotti a nascondersi nella cappella di famiglia. La donna scorge la Maddalena e riconosce il volto della marchesa. Fa dunque una scenata a Mario che a fatica riesce a rabbonirla e congedarla. Rimasti finalmente soli, i due uomini mettono a punto un piano: Angelotti andrà a nascondersi nella casa di Mario, solitamente usata dai due amanti per i convegni amorosi. Giusto il tempo di prendere il fagotto delle vesti dal quale cade il ventaglio e scappare via che il cannone di Castel Sant’Angelo annuncia la fuga di un prigioniero e in chiesa irrompe il Capo della Polizia, Scarpia.
Questi, conoscendo le idee libertarie del pittore sospetta subito di lui e, dopo un sopralluogo nella cappella degli Attavanti, trova il ventaglio perduto, scorge poi il ritratto della Maddalena e, all’arrivo in chiesa di Tosca – per la quale nutre una morbosa passione – decide di usare la sua gelosia per incastrare Cavaradossi e Angelotti.
Mostra alla donna il ventaglio e le fa immaginare che realmente il suo amante abbia una tresca con la nobildonna. Tosca, adirata, si precipita alla villa di Mario credendo di trovarlo con la Attavanti e Scarpia la fa seguire.

ATTO II
Mentre a Palazzo Farnese Scarpia sta cenando, Spoletta, suo scagnozzo, porta Mario che è appena stato arrestato ma nella casa non c’era traccia di Angelotti. Il pittore non vuole rivelare il nascondiglio del fuggitivo e viene mandato nella stanza delle torture. Nel frattempo, Tosca, impegnata in una Cantata di Paisiello proprio al piano inferiore di Palazzo Farnese, viene fatta chiamare da Scarpia.
L’uomo cerca prima di blandirla, poi, di fronte al silenzio della donna (che, giungendo nella villa di Mario ha saputo la verità), la fa assistere alla tortura di Mario. Lei, disperata, cede e rivela il nascondiglio di Angelotti, un pozzo, nel giardino della villa.
Scarpia emette la sentenza di condanna a morte di Mario che verrà fucilato all’alba. In preda allo strazio, Tosca decide prima di corrompere il Capo della Polizia, poi comprende che il solo mezzo è darsi a lui. Chiede però prima un salvacondotto per lei e Mario, per poter fuggire da Roma e, soprattutto, che venga risparmiata la vita al suo amante. Scarpia firma il salvacondotto e le fa credere (dando l’ordine davanti a lei) che Mario sarà fucilato con armi caricate a salve. A quel punto l’uomo si avventa su di lei ma Tosca, in preda alla rabbia, prende un coltello sulla tavola della cena di Scarpia e lo uccide.

ATTO III
Albeggia sui bastioni di Castel Sant’Angelo e Mario si lascia andare all’ultimo struggente ricordo della sua amata. Giunge all’improvviso Tosca che racconta di aver ucciso Scarpia e gli rivela dell’esecuzione simulata. Mario stenta a crederci ma si avvia sicuro davanti al plotone. Partolo i colpi, Mario cade per terra e Tosca freme. Appena i soldati vanno via si getta sul corpo dell’amato dicendogli di alzarsi ma, la falsa fucilazione era l’ultima crudeltà del Capo della Polizia: Mario è morto e a Tosca non resta altro che gettarsi dagli spalti della prigione.