TRAMA


Lorenzo Decaro

 

Se il manifesto del Verismo musicale è considerato il Prologo de I Pagliacci (1892) di Leoncavallo, tuttavia la prima opera integralmente verista è proprio Cavalleria Rusticana, tratta dall’omonima novella di Giovanni Verga. Andata in scena per la prima volta nel 1890 al Teatro Costanzi di Roma (ma nel 1889 aveva già vinto il primo premio di un concorso bandito dall’editore Sonzogno), l’opera ebbe uno straordinario successo e sancì la fama di Pietro Mascagni.
Sintesi perfetta di effusione melodica ed impeto drammatico, vitalistica e a tratti violenta nell’espressione, dal ritmo narrativo serrato, Cavalleria ha il pregio di una mirabile unità stilistica e teatralità: un’adesione al Verismo che lega la ricerca musicale all’ambito letterario coevo e che inserisce il teatro musicale, a pieno titolo, nell’ambito culturale novecentesco.
Storia di vita quotidiana, personaggi delle classi povere, linguaggio diretto e aggressivo, a volte polemico, venato di folclorismi e tratti dialettali, tutto al servizio di passioni sfrenate: queste le caratteristiche dell’opera verista, tradotte – musicalmente – con una maggiore libertà metrica, con declamati alternati a brevi frammenti melodici, con un’orchestra che arriva spesso ai limiti del “rumore”. E a proposito del finale, che in fase di preparazione prevedeva alcuni versi musicati, Mascagni scrive: <Scusate amici, ma gli ultimi versi non mi vanno. Mi sembra raffreddino la mirabile conclusione del dramma. Per suscitare commozione negli uditori bastano le parole “Hanno ammazzato compare Turiddu” e nemmeno quelle musicherò. È sufficiente che queste arrivino agli orecchi degli spettatori come avviene nelle recita del dramma verghiano>.
 
Trama:
Paese di Sicilia, il giorno di Pasqua. 
Turiddu, tornato dal servizio militare, canta una serenata a Lola, di cui era ed è ancora perdutamente innamorato, ma scopre che la donna ha sposato il carrettiere Alfio. Per vendicarsi, comincia a corteggiare Santuzza, la seduce, ma poi la trascura e si aggira presso la casa di Alfio. Santuzza, angosciata, cerca Turiddu per parlargli e chiedergli spiegazione del suo comportamento; entra nella casa di Lucia, madre del giovane, e si confida con lei. È disperata, ormai disonorata ed abbandonata. Arriva finalmente Turiddu e i due giovani discutono animatamente, finché passa Lola che si sta recando alla messa di Pasqua; è sola, perché il marito lavora. 
Santuzza, accecata dal dolore e dalla gelosia, augura a Turiddu la mala pasqua e rivela ad Alfio che Lola gli è infedele.
All’uscita dalla Chiesa, la piazza torna a popolarsi. Turiddu offre agli amici nell'osteria della madre Lucia un bicchiere di vino e ne offre uno anche ad Alfio che, sdegnato, nel rifiutarlo lo abbraccia e gli morde l'orecchio sfidandolo a duello.
Turiddu, che si finge ubriaco, rivolge commosse parole di saluto alla madre chiedendole la benedizione e affidandole Santuzza. Va così incontro al proprio destino.
Poco dopo il grido di una donna: Hanno ammazzato compare Turiddu! annuncia il tragico esito del duello.