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foto © Maurizio Montanari

Chiude in grande la stagione autunnale, domenica 9 novembre alle ore 15.15,  Falstaff, commedia lirica in tre atti di Giuseppe Verdi, su libretto di Arrigo Boito.

Coproduzione Ravenna Festival, Teatro Alighieri Ravenna, Teatro del Giglio Lucca, Fondazione Teatri di Piacenza, Teatro dell’Opera Giocosa di Savona, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara

Cast: Kiril Manalov (Sir John Falstaff), Francesco Landolfi (Ford), Alessandro Scotto Di Luzio (Fenton), Giorgio Trucco (Dr. Cajus), Matteo Falcier (Bardolfo), Graziano Dalla Valle (Pistola), Eleonora Buratto (Mrs Alice Ford), Damiana Mizzi (Nannetta), Isabel De Paoli (Mrs Quickly), Anna Malavasi (Mrs Meg Page), Fabrizio Petrachi (L’Oste della Giarrettiera), Michael D’Adamio (Robin, il Paggio di Falstaff) . Regia e scene di Cristina Mazzavillani Muti. Sul podio, Nicola Paszkowsky dirige l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini. Coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati.

"Tutto nel mondo è burla".
Burla, un inganno lieve: e quindi, al posto di matta gelosia e atroci vendette, ecco una bella risata. L'umorismo è il motore che muove Falstaff, questo capolavoro, epigono della produzione verdiana, che ci lascia con un palmo di naso: abituati a  dilanianti sofferenze, privazioni, delitti d'amore e indomite passioni, ecco che il Cigno di Busseto sigilla la sua brillante carriera artistica con il lieto fine. Siamo nel 1893 - il compositore ha ottant’anni - e questa è la prima opera buffa di Verdi. (Eccezion fatta per il lavoro giovanile e poco riuscito Un giorno di regno del 1840).
Prima e unica.
Unica per l'argomento comico, appunto, e unica per lo spirito che la anima. Lo spettacolo degli affanni umani, le corse, i travestimenti, le "scornate" e le "corna", tutto visto dall'alto,  osservato con disincanto, senza partecipazione: come scrive Massimo Mila, attraverso "un cannocchiale rovesciato, sì che la stessa piccolezza dei protagonisti produce un effetto comico". L'imperturbabile armonia del tutto se ne fa un baffo, delle inutili e convulse gesticolazioni dei minuscoli esseri umani. Insomma, Verdi qui ci sembra l'abile marionettista che manovra i suoi pupazzi, ridendo e divertendosi; con tenerezza, magari, e con una bonarietà tutta nuova.
Falstaff è tratto da Shakespeare, dalla prima e seconda parte dell' Enrico IV e da Le allegre comari di Windsor; Sir John Falstaff (che compare nell'Enrico IV e pure nell'Enrico V) è un personaggio da "chronicle play", che vive indipendente dalla commedia o tragedia d'origine, ma raggiunge un suo spessore particolare proprio nella versione operistica, grazie a Verdi, certo, ma anche e soprattutto grazie ad Arrigo Boito, il librettista. Un personaggio tipo, con un forte valore simbolico, con sue precise e forti caratteristiche.
Falstaff  è un'opera nuova non solo per il contenuto, ma anche per il linguaggio musicale: anche in questo senso siamo al punto d'arrivo - vertice supremo di arte compositiva - del percorso verdiano. Rinuncia alle forme chiuse, utilizzo di un declamato continuo misurato sulla parola e che gioca con la melodia, costruita ad incisi brevi ed accennati: insomma, una forte aderenza al testo in nome di una più schiacciante verità drammatica. Complice un'orchestra attivissima nel partecipare alla vicenda, leggera, arguta, ricca di soluzioni timbriche peculiari, di sfumature, di allusioni.
La Prima alla Scala di Milano, il 9 febbraio del 1893, fu un avvenimento nazionale: un trionfo (nonostante la perplessità e la sorpresa) con venti minuti di applausi, due bis, sette chiamate finali. Un anticipo dello straordinario successo di cui godrà negli anni a venire.