Note di regia
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di Serena Sinigaglia
Ho avuto la gioia di dirigere Carmen alcuni anni fa per il Festival dello Sferisterio di Macerata.
Un’opera grandiosa, sublime.
La possibilità di affrontarla ora nella versione di Peter Brook è esaltante.
Intanto unisce le mie grandi passioni: l’opera e la prosa.
Poi va al cuore, alla sintesi, all’essenza del capolavoro di Bizet.
Tolto ogni riferimento folklorico, tolta la “grandeur” dei cori, tolta la magnificenza dell’allestimenti, resta il teatro nella sua pura e magica forza evocativa, teatro, semplicemente e meravigliosamente teatro. Per l’uomo, con l’uomo, sull’uomo, dell’uomo, l’arte dell’umanesimo per eccellenza.
E quanto ne abbiamo bisogno in questo periodo dove “il distanziamento sociale” sta diventando norma del vivere!
Le note, come le passioni dei personaggi, corrono veloci e arrivano dritte allo scopo.
Una storia assoluta, archetipica, tragedia epica come quelle classiche della Grecia del V secolo.
Carmen è Dioniso, è la libertà che per affermarsi deve negarsi.
Carmen, come Antigone, stravolge le regole degli uomini, le ribalta, ne mostra la pochezza e la contraddizione.
In uno spazio vuoto, sospeso, tanto caro al maestro Brook, in uno spazio fatto d’acqua, aria, fuoco e terra, la zingara ribelle vivrà il suo gioco di seduzione e dominio, fino all’ultimo respiro.
Perché “se tu non mi ami, io ti amo e se ti amo… stai attento a te!”