Trama
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Roberto Iuliano
ATTO PRIMO
Mantova, XVI secolo.
Il Duca di Mantova, giovane donnaiolo, dà un ballo nel palazzo e non perde occasione per manifestare il proprio amore e interesse verso tutte le donne; in particolare confessa di essere attratto da una fanciulla vista recentemente in chiesa. Intanto non perde tempo e amoreggia con la Contessa di Ceprano: questo provoca ilarità nel gobbo giullare Rigoletto, che si fa beffe del marito di lei, il Conte, ottenendo in cambio un giuramento di vendetta. Ma il gobbo non demorde e prende in giro anche il Conte Monterone, la cui figlia è stata sedotta dal Duca: il conte padre, ferito e offeso, gli lancia una maledizione, che turba profondamente Rigoletto. Frattanto, Il cavaliere Marullo fa passare la voce che proprio Rigoletto ha un’amante che nessuno ha mai visto. Quella sera stessa, Rigoletto, angosciato dalla maledizione, incontra sulla strada di casa il sicario Sparafucile, che prova ad offrirgli i suoi servigi; Rigoletto rifiuta, ma tiene a mente il suo nome. Arrivato a casa, la figlia Gilda, amata oltre ogni limite e gelosamente tenuta nascosta, lo accoglie con calore e gli chiede di parlarle della madre, morta ormai da tempo. Prima di uscire nuovamente, Rigoletto ordina come di consueto a Giovanna, la governante, di tenere a bada la ragazza e di non farla uscire per nessun motivo. Ma Gilda prova qualcosa di nuovo: andando in chiesa, si è innamorata di un giovane visto per caso – che è poi il Duca di Mantova – e non fa che pensare a lui. Mentre lo ricorda e lo descrive, Giovanna fa entrare il giovane dal retro e lui, sotto mentite spoglie, confessa il proprio amore alla fanciulla incredula e spaventata. Poi, allertato da rumori in giardino, corre via. Nel frattempo, Marullo e i cortigiani del Duca, di propria iniziativa, decidono di sottrarre a Rigoletto la presunta amante (Gilda) e si fanno aiutare nell’impresa proprio dall’ignaro Rigoletto, di ritorno a casa: gli dicono che stanno organizzando, nel buio della notte, uno scherzo a Ceprano e lo coinvolgono, bendato – gli dicono che sono tutti mascherati - nel rapimento della adorata figlia.
ATTO SECONDO
Palazzo ducale.
Il Duca è turbato perché, tornando alla casa di Gilda, non ha più trovato la ragazza. Mentre medita vendetta, Marullo e i suoi gli comunicano che la fanciulla è all’interno del palazzo e lui corre esultante a raggiungerla.
Arriva Rigoletto che, tentando di camuffare la sua angoscia, cerca disperatamente tracce della figlia; chiede aiuto ai cortigiani, ma non ottiene che indifferenza. Sopraggiunge, correndo, Gilda, che disperata si getta tra le braccia del padre e gli racconta i fatti della sera precedente. Rigoletto capisce che la figlia è stata disonorata e giura vendetta sul Duca, proprio mentre Monterone viene condotto in prigione. Gilda chiede pietà per il Duca.
ATTO TERZO
Rigoletto decide di condurre Gilda alla taverna di Sparafucile per dimostrarle che il Duca le è infedele: la sorella del sicario, Maddalena, sta infatti apertamente amoreggiando con lui. Gilda, non vista, osserva e rimane ferita, ma non riesce a dimenticare il suo amato. Rigoletto ordina alla figlia di recarsi, vestita in panni maschili, a Verona e, una volta allontanatasi la ragazza, va a chiamare Sparafucile. Decidono che il Duca verrà ucciso a mezzanotte e che sarà lo stesso Rigoletto a prelevarne il cadavere, chiuso in un sacco. Maddalena viene informata, ma, anche lei innamorata del Duca, supplica Sparafucile di risparmiarlo e lo convince ad uccidere un altro in vece sua: il primo pellegrino che entrerà nella taverna sarà la vittima designata. Tutto questo viene udito da Gilda, che non ubbidendo al padre, è rimasta nascosta nei pressi della taverna; decide allora di sacrificarsi per l’amato e bussa alla porta di Sparafucile, da cui viene pugnalata all’istante. Il cadavere viene messo, come pattuito, in un sacco e lasciato a Rigoletto; egli è felice e sta per sbarazzarsene, quando in lontananza ode la voce del Duca. Aggredito da paura e da un fosco presentimento, apre il sacco e trova il corpo agonizzante della figlia. Ella gli chiede perdono e, morendo, supplica di avere pietà per il Duca.