Note di regia


Maurizio Sguotti

Per la messinscena del Segreto di Susanna, intermezzo di Ermanno Wolf-Ferrari - una “falsa recita”, come mi piace definirlo -, ho immaginato i suoi personaggi muoversi in uno spazio senza tempo (benché immerso nella contemporaneità), un luogo non realistico, asettico come può esserlo quello di certe case di cura. Dei due protagonisti (il Conte Gil e la Contessa Susanna), collocati in questa cornice, ho però evitato di passare al vaglio i comportamenti sottoponendoli a letture di ordine psicologico o, tanto meno, psicoanalitico. Nell’intermezzo agiscono, del resto, una leggerezza e una ironia che lo avvicinano molto più alla commedia musicale che al dramma pirandelliano o sveviano. Nel figurarmi la rappresentazione, ho avuto fin dall’inizio di fronte a me due individui - un uomo e una donna - che giocavano, divertendosi un sacco, a interpretare ciascuno un proprio ruolo, fedelissimi al copione loro assegnato: un’esperienza ludica da ripetersi ogni giorno, sempre identica anche nei particolari, per ridare vita all’infinito alla storia di un lui, geloso e acerrimo nemico del fumo, e di una lei afflitta dalla noia e dalla solitudine e per questo accanita fumatrice. E, sempre ai miei occhi, a tale esperienza entrambi si disponevano come farebbero due creature di Harold Pinter, consapevoli di ciò che stanno facendo ma anche del gioco che li impegna, e che nel nostro caso scandisce con regolarità l’esistenza della coppia, peraltro assecondata e coadiuvata nelle sue trame da uno stralunato Sante, servitore e custode del loro segreto. A suggerire l’idea di questo “bizzarro capriccio” dei due protagonisti, ha contribuito l’opinione musicologica, che sottolinea nella produzione operistica di Wolf-Ferrari e in particolare nel suo Segreto una pluralità di influssi e riferimenti più o meno espliciti alle opere di compositori come Mozart, Rossini, Donizetti, Verdi e dello stesso Wagner. Da qui lo stimolo a leggere Il segreto di Susanna anche come agglomerato di svariate esperienze stilistiche, eredità di una tradizione di movenze e gesti sonori da ricomporre/scomporre entro una cornice apparentemente inedita, quella in cui Gil e Susanna, travolti in un vortice di ambiguità, equivoci e finzioni, rinnovano in realtà l’antico gioco del teatro, che non è mai verità e spesso finisce sopra le righe.

di Maurizio Sguotti