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Luca Ferraris
Personaggi: suor Angelica (S), la zia principessa (A), la badessa (Ms), la suora zelatrice (Ms), la maestra delle novizie (Ms), suor Genovieffa (S), suor Osmina (S), suor Dolcina (S), la suora infermiera (Mz), una novizia (S), due cercatrici (S, Ms), due converse (S)
Puccini amò profondamente questo atto unico. Più degli altri due – Il tabarro e Gianni Schicchi – inclusi nel Trittico, di cui Suor Angelica è il pannello centrale.
L’amore è il tema peculiare, qui vissuto come privazione: Suor Angelica è diversa dalle protagoniste delle altre opere pucciniane. E’ diversa da Manon, che vive un amore colpevole, è diversa da Cio-Cio-San, che non comprende, anzi fraintende, l’amore; loro soffrono, ma in qualche modo, per come hanno gestito l’amore, decidono del proprio destino. Angelica no. Lei non può amare, non le è permesso; rinchiusa tra le mura di un convento per espiare la propria colpa giovanile, ha soltanto il suo istinto (e il suo amore) di madre – seppur lontana – che la tiene in vita. Fino alla tragica rivelazione e allo scioglimento finale.
Dedicata ad un cast interamente femminile (a parte il coro finale, durante la visione), Suor Angelica è un capolavoro di orchestrazione, basato su giochi timbrici abbinati a personaggi e situazioni, su equilibri sonori delicatissimi, su dinamiche perfettamente studiate. E pure capolavoro di intensità espressiva - che tocca il vertice drammatico con “Senza mamma”, la straziante aria della protagonista – e di introspezione psicologica.
Il Trittico debuttò il 14 dicembre 1918 al Metropolitan di New York: l’opera comica, il Gianni Schicchi, riscosse da subito grande successo, mentre le altre due vennero accolte freddamente dal pubblico, specie proprio Suor Angelica.
Eppure questo lavoro pucciniano – un unicum nel teatro europeo d’allora – ha un equilibrio perfetto: una successione di episodi contrastanti studiata ad arte. Interessare, sorprendere e commuovere o far ridere bene: questa era tra le massime di Puccini. Ecco allora la violenza espressiva e “sorprendente” del Tabarro, il dramma intimo e “commovente” di Suor Angelica, l’allegria (un po’ macabra, in verità) “divertente” di Gianni Schicchi.
In una indissolubile unità.