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foto © Luigi Cerati

Primo appuntamento lirico del cartellone autunnale Suor Angelica, atto unico di Giacomo Puccini su libretto di Giovacchino Forzano, in scena Venerdì 10 ottobre alle ore 11.00 (spettacolo per le scuole) e alle ore 18.30 (spettacolo per il pubblico).
Regia di Luca Ferraris, progetto in collaborazione con il Conservatorio di Musica G. Puccini della Spezia.
Cast: Studenti dei corsi di secondo livello del Conservatorio di Musica G. Puccini della Spezia.
Orchestra e Coro del Conservatorio di Musica della Spezia, diretti da Giuseppe Bruno e Luca Stornello.

Puccini amò profondamente questo atto unico. Più degli altri due – Il tabarro e Gianni Schicchi – inclusi nel Trittico, di cui Suor Angelica è il pannello centrale.
L’amore è il tema peculiare, qui vissuto come privazione: Suor Angelica è diversa dalle protagoniste delle altre opere pucciniane. E’ diversa da Manon, che vive un amore colpevole, è diversa da Cio-Cio-San, che non comprende, anzi fraintende, l’amore; loro soffrono, ma in qualche modo, per come hanno gestito l’amore, decidono del proprio destino. Angelica no. Lei non può amare, non le è permesso; rinchiusa tra le mura di un convento per espiare la propria colpa giovanile, ha soltanto il suo istinto (e il suo amore) di madre – seppur lontana – che la tiene in vita. Fino alla tragica rivelazione e allo scioglimento finale. Dedicata ad un cast interamente femminile (a parte il coro finale, durante la visione), Suor Angelica è un capolavoro di orchestrazione, basato su giochi timbrici abbinati a personaggi e situazioni, su equilibri sonori delicatissimi, su dinamiche perfettamente studiate. E pure capolavoro di intensità espressiva - che tocca il vertice drammatico con  “Senza mamma”, la straziante aria della protagonista – e di introspezione psicologica.
Il Trittico debuttò il 14 dicembre 1918 al Metropolitan di New York: l’opera comica, il Gianni Schicchi, riscosse da subito grande successo, mentre le altre due vennero accolte freddamente dal pubblico, specie proprio Suor Angelica. Eppure questo lavoro pucciniano – un unicum nel teatro europeo d’allora – ha un equilibrio perfetto: una successione di episodi contrastanti studiata ad arte. Interessare, sorprendere e commuovere o far ridere bene: questa era tra le massime di Puccini. Ecco allora la violenza espressiva e “sorprendente” del Tabarro, il dramma intimo e “commovente” di Suor Angelica, l’allegria (un po’ macabra, in verità) “divertente” di Gianni Schicchi.  In una indissolubile unità.